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GENTE DI CALOSSO

 

"Prima di iniziare il lungo viaggio a cavallo della storia tra i luoghi e la gente del mio paese, vorrei raccontarvi perché mi sia imbarcato in un' avventura piuttosto lunga e difficile.

A dir la verità, quando andavo a scuola, non riuscivo molto bene in nessuna materia. Però la storia mi appassionava, specialmente quella della gente comune. Se ad esempio trovavo una moneta antica in una vigna, non mi interessava il suo valore, quasi sempre insignificante, ma mi piaceva, attraverso l'epoca in cui era stata coniata, immaginare chi l'avesse smarrita, la rabbia e poi la rassegnazione provata nell'averla persa.

Mi avevano sempre affascinato i racconti dei vecchi della mia borgata, in special modo quelli tramandati da mio nonno e mia nonna. Sono passati gli anni e la passione è cresciuta fino a farmi desiderare di approfondire le origini delle mie radici.

Testi che parlassero dettagliatamente della storia di Calosso non ce n'erano, a parte qualcuno in maniera molto vaga; le poche notizie dirette si potevano trovare solo sui bollettini parrocchiali, tratti da una ricerca del nostro unico storico calossese Vittorio Boido. Poi nove anni fa conobbi il signor Fermo Cerruti e per caso scoprii che aveva scritto un libro sulla storia di Castiglion Tinella, "Castion".

Lo acquistai subito e trovai molti riferimenti su Calosso. Restando in contatto con lui, gli parlai della mia passione accresciuta ulteriormente dal fatto che in quegli anni i libri di storia locale astigiana nascevano come i funghi. Egli con la massima calma mi disse: "Perché non scrivi la storia di Calosso?" Io risposi: "Come Faccio?". E lui "E' molto semplice, vai in archivio comunale e consulti i documenti."

Detto fatto, approdai in comune. Avevo già chiesto il permesso al sindaco di allora, Demichelis Gualtiero, che me lo aveva concesso di buon grado. Ma come scoprii dopo, forse il segretario comunale dottor Ancona non era troppo d'accordo. Con la complicità però dell'impiegato Carlo Torielli riuscii ad aprire finalmente le ante del vecchio armadio, dove erano conservati i preziosi faldoni.

Da quello che mi avevano detto l'Archivio storico era "poverissimo" e non c'era niente di interessante. Alla faccia! Erano presenti delibere quasi complete dal 1617 ai giorni nostri, senza contare alcuni documenti antecedenti del 1577, più qualche pergamena anche più vecchia.

Insomma, un archivio storico di tutto rispetto, purtroppo un po' in disordine ed io non sapevo nemmeno da dove cominciare. Mi armai di pazienza ed iniziai la ricerca.

A causa dei miei impegni di lavoro da contadino, andavo in comune solo quando pioveva, molto di rado dunque, e mia figlia Anna arrivò al punto di dire: "Quando papà va in comune, piove".

Cosi facendo impiegai un lungo tempo, ma ricordo ancora quando mi chiudevo in quella stanzetta, nelle giornate scure di pioggia, solo, chinato sui faldoni che emanavano quell'odore caratteristico, per me inebriante.. ah che sensazione!

Mi sembrava di vivere in una macchina del tempo. Chissà quei segretari chini su delibere, intenti a registrare, che so, una lista di giovani prossimi alla guerra, oppure l'elenco dei generi forniti alle truppe di passaggio dopo l'ultima alloggiata, con la debole luce di un moccolo di candela e magari rosicchiando un pezzo di pane con qualche noce ed un grappolino di Moscato.

Rimpiangerò quelle sensazioni, oppure ricomincerò con qualche altra avventura.

In ogni caso ho raggiunto lo scopo: la scoperta delle mie radici attraverso la storia della gente di Calosso. I lettori pazienti giudicheranno il risultato.

Certamente la lingua piemontese, le tradizioni, le storia della nostra terra tanto fiera, meritano grande attenzione e non debbono essere perdute"

                                                                                                                       2000, Piero Bussi
                                                                                                                     

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